Scienza NO al declassamento del Lupo

Una lettera aperta, un appello accorato che parte dalle voci e dalle considerazioni di oltre 75 associazioni ambientaliste e rivolto a tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea: l’invito è quello di respingere la nota (e molto discussa) proposta di declassamento della protezione del lupo nella direttiva Habitat dell’Ue. La proposta, promossa dalla Commissione europea, è considerata dalle Ong priva di solide basi scientifiche e giuridiche, in contrasto con i principi stessi della direttiva Habitat, che si fonda su criteri ecologici.

“La proposta dell’Ue di declassare il lupo è attualmente all’esame della Corte di giustizia europea”, scrivono nel documento firmato con ampissima partecipazione delle associazioni. “I 27 Stati membri dell’Ue dovrebbero attendere la sentenza definitiva della Corte europea prima di apportare modifiche alle loro leggi nazionali. È importante sottolineare che il declassamento a livello nazionale non è obbligatorio: gli Stati membri dell’Ue hanno tempo fino a gennaio 2027 per recepirlo nella legislazione nazionale e possono infine decidere di respingerlo del tutto”.

“Il Portogallo, la Repubblica Ceca, il Belgio e la Polonia – riprende il comunicato – hanno già annunciato che manterranno una protezione rigorosa per i lupi. Altri Stati membri dell’Ue stanno attualmente valutando posizioni simili. Le ONG esortano tutti i 27 Stati membri dell’Ue a sfruttare appieno le basi giuridiche fornite dal diritto dell’Ue per mantenere la loro legislazione nazionale esistente, respingere la proposta di declassamento e continuare a garantire una protezione rigorosa dei lupi”.

“I lupi in Europa non costituiscono una popolazione unica e omogenea. Secondo le valutazioni pubblicate dalla comunità scientifica europea, la maggior parte delle sottopopolazioni di lupi nell’Ue rimane vulnerabile, a rischio o in pericolo. Una declassificazione generalizzata di tutte le popolazioni di lupi nell’Ue è in contraddizione con le prove scientifiche e, come tale, non è conforme alla direttiva Habitat dell’Ue. È inoltre in attesa di risposta un ricorso presentato al Mediatore europeo contro la Commissione europea in merito alla raccolta di dati sui lupi. Si stima inoltre che la predazione da parte dei lupi colpisca solo lo 0,07% della popolazione ovina e caprina dell’Ue, la specie principale bersaglio, e comporti perdite minime e irrilevanti dal punto di vista economico. Tali perdite sono già ampiamente compensate dai sussidi della politica agricola comune (PAC), finanziati dai contribuenti dell’UE”.

Di seguito i punti chiavi espressi nel documento firmato dalle 75 associazioni.

1. Incertezza giuridica:

Considerando che sono in corso alcuni procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia europea che mettono in discussione la legittimità della decisione dell’Ue di declassare il lupo, sarebbe prudente mantenere l’attuale protezione nazionale. Una modifica prematura potrebbe essere successivamente ritenuta incompatibile con il diritto dell’Ue, soprattutto alla luce delle numerose sentenze recenti della Corte di giustizia europea che hanno rafforzato un’interpretazione della direttiva Habitat in contrasto con la decisione di declassare il lupo. Alcuni Stati membri dell’UE hanno già annunciato che manterranno una protezione rigorosa (Belgio, Polonia, Repubblica Ceca) e non modificheranno le loro leggi nazionali; altri stanno attualmente valutando tale possibilità.

2. Base scientifica e giuridica:

La decisione di declassare il lupo non è suffragata dai dati ecologici e demografici disponibili. Al contrario, le prove disponibili indicano chiaramente che le popolazioni di lupi in diverse regioni d’Europa rimangono vulnerabili, a rischio o in pericolo. Ai sensi della direttiva Habitat dell’UE, gli Stati membri hanno il diritto, e in alcuni casi l’obbligo, di mantenere norme di protezione più rigorose di quelle stabilite a livello dell’UE, in particolare quando la scienza indica la necessità di continuare la conservazione.

3. Gli argomenti socioeconomici sono giuridicamente irrilevanti:

Come recentemente chiarito dalla Corte di giustizia europea, le considerazioni socioeconomiche, comprese quelle relative alla predazione del bestiame, non costituiscono motivi validi per modificare lo stato di conservazione ai sensi della direttiva Habitat, che si basa sull’ecologia piuttosto che sull’economia. Inoltre, tali impatti sono minimi e sono attualmente mitigati attraverso misure compensative e preventive finanziate da meccanismi dell’UE quali la politica agricola comune (PAC).

4. Nessun obbligo giuridico immediato:

Sebbene il declassamento sia stato adottato nell’ambito della Convenzione di Berna, anche in questo caso sotto la forte pressione della leadership dell’Ue con sede a Bruxelles, in particolare della Commissione europea, non esiste alcun obbligo giuridico vincolante che imponga agli Stati membri dell’Ue di recepire immediatamente questa decisione nel diritto dell’Unione e nazionale. Inoltre, la direttiva Habitat dell’Ue prevede un periodo di adeguamento (periodo di recepimento) di 18 mesi, che dovrebbe consentire alla Corte di giustizia europea di fornire chiarimenti giuridici, considerando che la mancanza di basi scientifiche è già di dominio pubblico. I regimi giuridici internazionali e dell’Ue in materia di ambiente (compresa la direttiva Habitat) consentono agli Stati di mantenere le specie rigorosamente protette a livello nazionale, indipendentemente dalle disposizioni della Convenzione di Berna e dalle decisioni dell’Ue.

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